Sguardo in su ... Trieste
by Bertus
Carri T-34 della IV Armata dell'Esercito Popolare di Liberazione della Jugoslavia entrano a Trieste.
Storia di Trieste
La liberazione di Trieste

Il 30 aprile 1945 il CLN di Trieste, comandato dal colonnello Antonio Fonda Savio, iniziò a liberare la città. Agli assalti contro i tedeschi parteciparono, con il CLN, le Guardie di Finanza e numerosi elementi della Guardia Civica già organizzata clandestinamente dal Comitato, mentre nei rioni popolari e nelle zone periferiche erano intervenuti anche gruppi di comunisti. Agli scontri violenti che si susseguirono nelle zone centrali, non parteciparono i nuclei partigiani controllati dal movimento sloveno che, invece, erano attivi nei rioni periferici e nel Carso.

La IV Armata dell’Esercito jugoslavo, alleato degli angloamericani, il IX Korpus sloveno, composto anche da triestini, e le forze partigiane già presenti in città liberarono Trieste dall’occupazione nazista nella notte fra il 30 aprile 1945 e il primo maggio.

L'occupazione jugoslava

Al mattino del 1º maggio, Trieste fu raggiunta dalle prime avanguardie partigiane titine, seguite dal IX Corpus dell'esercito jugoslavo, anch'esso agli ordini di Josip Broz Tito, non presente nel teatro delle operazioni.

Il congiungimento tra gli insorti italiani e le avanguardie della IV Armata jugoslava ebbe luogo nel centro della città, verso le 9,30, fra un reparto avanzato, agli ordini del tenente Božo Mandac e il comandante partigiano Ercole Miani accompagnato da altri rappresentanti del Comitato. Gli jugoslavi avevano intenzione di attaccare gli ultimi capisaldi tedeschi, ma poche ore dopo, invece di avvalersi dell'appoggio che i partigiani italiani del CLN avevano assicurato loro, intimarono a costoro la consegna delle armi. Alcuni reparti italiani si rifiutarono di farlo e si produssero incidenti e scontri a fuoco fra questi ultimi e gli jugoslavi (a Roiano e Rozzol). Nel pomeriggio del 2 maggio entrarono a Trieste le avanguardie dei reparti corazzati neozelandesi comandati dal generale Bernard Freyberg; con il loro arrivo, gli ultimi presidi tedeschi ancora resistenti in città sospesero il fuoco e si arresero.

Le truppe jugoslave entrate a Trieste vi si stanziarono. Iniziarono così i quarantatré giorni di occupazione jugoslava della città. Nei primi giorni di maggio venne nominato da Tito un commissario politico per Trieste, Franc Štoka, membro del partito comunista. Costui proclamò Trieste città autonoma nell'ambito della futura Repubblica Federale di Jugoslavia. Venne imposta l'esposizione della bandiera jugoslava a fianco di quella Italiana nei principali edifici pubblici e il fuso orario locale fu uniformato a quello della vicina Slovenia. Molti esponenti del CLN furono costretti a nascondersi, temendo rappresaglie, altri preferirono abbandonare clandestinamente la città. Il coprifuoco si mantenne in essere fin quasi alla fine di maggio, nonostante la guerra fosse terminata da alcune settimane.

Al quinto giorno di occupazione jugoslava, una folla esasperata scese in piazza per dimostrare in favore del ritorno di Trieste all'Italia. La manifestazione era organizzata dal CLN che intendeva costituire attorno a sé un fronte democratico unitario per richiedere agli alleati l'allontanamento dei titini dalla città. Le truppe jugoslave aprirono il fuoco sui dimostranti, uccidendone cinque. In quelle ore i neozelandesi di Freyberg non si mossero dai loro quartieri e dal porto, che avevano precedentemente occupato (insieme alle principali vie di comunicazione per l'Austria), evitando in tal modo qualsiasi motivo di frizione con i titoisti. L'occupazione ebbe termine, in virtù degli accordi di Belgrado, solo il giorno 12 giugno 1945, allorquando le truppe jugoslave abbandonarono definitivamente Trieste. Gli oltre quaranta giorni di presenza slava in città furono visti forse come un momento di liberazione da gran parte della comunità di etnia slovena residente a Trieste. Per la massima parte della comunità locale di lingua e di sentimenti italiani, l'occupazione jugoslava si configurò invece come un periodo di lutti e di oppressione e, come tale, sarebbe entrata per sempre nella memoria storica e nell'immaginario collettivo di tanti triestini.
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