Se la mole degli studi che riguardano ogni dettaglio dell’opera dei due architetti citati è praticamente smisurata, per contro sappiamo pochissimo di Pietro Nobile, svizzero del Canton Ticino, "pertinente" a Trieste, ed abitante a Vienna, di scolarizzazione romana, amico o conoscente della maggior parte dei grandi artisti europei del suo tempo da Antonio Canova a Bertel Thorwaldsen, dallo stesso Schinkel a Leo von Klenze, da Francesco Hayez al goriziano Franz Caucig, direttore della Scuola speciale di Pittura e Scultura all’Accademia viennese. Egli fu anche amico e corrispondente privilegiato del triestino Domenico Rossetti, del conte Leopoldo Cicognara e grand commis dello stato asburgico, nell’ ambito del quale e per il quale svolse praticamente tutta la sua attività di architetto, archeologo, docente, programmatore, censore, consigliere aulico dello stato. Protetto in un primo tempo, divenne successivamente amico di Lothar Wenzel principe di Metternich che lo mise a capo della Scuola di Architettura (sì, proprio lui, la bestia nera di tutti gli Sturm und Drang europei e vessillifero della reazione). Fu Metternich a prestargli i saloni del suo palazzo viennese per la mostra delle opere degli allievi architetti dell’Accademia che dovevano persuadere l’Imperatore sulla correttezza dell’impostazione dei programmi di studio che Nobile tentò di modificare in modo del tutto rivoluzionario. Nello stato che divenne la Kakania, di musiliana memoria, l’educazione superiore fu di pertinenza dell’Imperatore: lo stesso Metternich fu soltanto "Protettore degli studi superiori", quindi senza il potere delle ultime decisioni.
A causa dei problemi inerenti alle sue cariche Nobile viaggiò instancabile, per tutta l’Europa ed anche per le più lontane contrade del grande Impero. La molteplicità delle lingue, delle culture, dello sviluppo sociale ed economico delle singole regioni sembravano potenziare il suo desiderio di scambi culturali nel periodo del pericoloso crescere dei nazionalismi che, da ticinese - dunque di mentalità svizzera, di cultura di base mista italiana e austriaca con gli innesti di altre culture, comunque europee - non riusciva a prendere troppo sul serio.
Egli fu "pertinente" a Trieste, rimastagli cara non solo per avervi trascorso la fanciullezza e gli anni iniziali della carriera, ma anche per avervi costruito qualche edificio significativo e perché vi risiedeva il fratello Antonio, destinatario di circa 1060 lettere con testimonianze minuziose della vita privata e pubblica dell’architetto. A lui Pietro Nobile lasciò la sua eredità spirituale, consistente in settanta volumi con cento disegni ciascuno. Si tratta di materiali che sono in parte la testimonianza delle sue architetture e, in parte, dovevano diventare un trattato di architettura del suo tempo, da usarsi come libro di scuola, fatto non avvenuto. Tuttavia quest’eredità è giunta fino a noi.
Trieste non è città propizia all’architettura e neppure agli studi su di essa. Come è noto, ciò vale sia per gli architetti locali che per quelli che, come Nobile, l’abbandonarono per ragioni di servizio. Il fatto che egli abbia raggiunto l’eccellenza e i vertici della carriera professionale "fuori Trieste", è stato probabilmente considerato come un "peccato". Per quanto ne so, non esiste a tutt’ oggi una monografia compiuta su Pietro o - alla viennese - su Peter von Nobile, a causa della mancata conoscenza di documenti, conservati presso gli archivi pubblici e privati di Trieste fino a non molto tempo addietro. Certo, l’importanza della sua opera ètale che non può essere del tutto ignorata: al rifiorire degli studi triestini sulle vicende della Chiesa di Sant’Antonio Nuovo o sul Palazzo Costanzi, si possono accostare gli ancora più copiosi studi viennesi sul Burgtor, sul Tempio di Teseo o quelli salisburghesi sulle vicende della ricostruzione del Castello e del parco di Mirabell, per citare solo edifici universalmente noti. Possiamo aggiungere a questi la conoscenza del suo operare uffficiale all’Accademia delle Belle Arti di Vienna, ricostruito nel 1967 dall’Archivista capo della prestigiosa Istituzione, Walter Wagner, sulla base dei documenti ufficiali, elaborati e pubblicati nella Die Geschichte der Akademie der Bildenden Kuenste in Wien (Storia dell’Accademia di Belle Arti di Vienna). Questo splendido libro è servito a tutti coloro che, come me, hanno tentato di precisare taluni aspetti della formazione degli ingegneri e degli architetti dell’Europa Centrale, e Centro Orientale. Ma tutti noi disponemmo della sola verità ufficiale, aulica, predigerita, per quanto potesse essere prestigiosa.
PIETRO NOBILE
Figlio di Stefano, capomastro, originario di Campestro e di Marianna Nobile, sulle orme paterne compì il suo apprendistato nell'arte edile a Trieste, Roma e Vienna fino al 1801. Si specializzo in ingegneria civile nel 1807 fino ad essere nominato ingegnere-capo delle pubbliche costruzioni di Trieste nel periodo 1810-1817. Esponente di primo piano della corrente neoclassica, fu attivo soprattutto a Vienna e a Trieste.
Pochi architetti europei, attivi nella prima metà dell’Ottocento, possono essere considerati così importanti per le successive vicende dell’architettura come lo fu il ticinese-triestino Pietro Nobile, per un trentennio Direttore della Scuola di Architettura dell’Accademia delle Belle Arti di Vienna, denominata Die erste Schule des Reichs - ossia, la Prima Scuola dell’Impero, asburgico non ancora austro-ungarico. Certo, noi storici siamo abituati a valutare un architetto quasi solo dalle opere costruite e, nella maggior parte dei casi, ciò appare sufficiente; esistono tuttavia personaggi la cui funzione, importanza e valore sembrerebbero trascendere i pur vasti confini del costruito per motivi diversi dall’uno all’altro. Potrei citare gli studi di Emil Kaufmann, la cui tesi di laurea dal titolo I progetti dell’architetto Ledoux e l’estetica del Classicismo, pubblicata nel 1924, provocò quella valanga di interessi e di studi che rivalutarono profondamente il periodo neoclassico nel suo insieme. D’altro canto la funzione dell’opera di Karl Friedrich Schinkel, fu assolutamente fondamentale per le vicende architettoniche dell’Europa di mezzo, attratta dalla cultura germanica. Ma se Ledoux (e seguaci) riuscirono a formare uno stile, Schinkel costituì un modo di pensare che contraddistinse per quasi un secolo buona parte della cultura architettonica tedesca e di quelle limitrofe.
